ELENCO DEI TITOLATI ITALIANI
con annesso
BLASONARIO GENERALE ITALIANO
- Presidente: Conte Pierfrancesco Guelfi Camaiani
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L’Accademia Araldica Nobiliare Italiana ha tra i propri compiti, oltre a quello di pubblicare la Rivista Nobiliare, quello di tenere il Registro della Nobiltà Italiana ed il Registro degli Stemmi Gentilizi. Il Registro della Nobiltà Italiana si propone di censire e raccogliere in un Elenco nazionale tutte le famiglie nobili italiane. Come è noto nell’attuale ordinamento repubblicano non vi è un organo statale deputato alla tenuta di Elenchi nobiliari; tale compito è assunto ed è oggi svolto appunto dal Registro della Nobiltà Italiana. Le famiglie iscritte nel suddetto Registro figurano nell’ELENCO DEI TITOLATI ITALIANI, pubblicazione contenente l’illustrazione di tutte le principali famiglie nobili italiane. L’ELENCO DEI TITOLATI ITALIANI per ogni famiglia nobile riporta un breve cenno storico, l’indicazione degli attuali rappresentanti, i titoli nobiliari spettanti, la blasonatura dello stemma e la rappresentazione grafica a colori, a tutta pagina, dello stemma stesso nell’annesso BLASONARIO GENERALE ITALIANO. Il Registro degli Stemmi Gentilizi si propone invece di censire e raccogliere in un Elenco nazionale tutte le famiglie in possesso di uno stemma gentilizio, dato che nell’attuale ordinamento repubblicano non vi è un organo statale deputato alla tenuta di Elenchi araldici. Gli stemmi presenti in detto Registro figurano anch’essi nel BLASONARIO GENERALE ITALIANO, opera contenente la rappresentazione degli stemmi delle famiglie italiane che si fregiano di uno stemma gentilizio. Il volume riporta l’indicazione degli attuali rappresentanti della famiglia, gli eventuali titoli nobiliari spettanti e la rappresentazione grafica a colori, a tutta pagina, dello stemma.
L’ultima edizione dell’ELENCO DEI TITOLATI ITALIANI con l’annesso BLASONARIO GENERALE ITALIANO è uscita nel 2021 e segue le precedenti pubblicate nel 2008, nel 2011, nel 2014 e nel 2017. Essa è composta da oltre 1.200 pagine contenenti riferimenti storico-araldici relativi ad oltre 3.500 famiglie nobili italiane e da oltre 350 stemmi riprodotti a colori, a tutta pagina, sulla base di bozzetti realizzati a mano, relativi ad altrettante casate italiane.
“I titoli nobiliari, gli stemmi e la Costituzione repubblicana”
Articolo del Conte Avvocato Gherardo Guelfi Camaiani pubblicato nel numero di luglio-dicembre 2007 della Rivista Nobiliare
Durante il cessato ordinamento monarchico il titolo nobiliare costituiva oggetto di un diritto soggettivo. Esso era un ulteriore segno distintivo della persona; interessava il diritto privato perché indicava l’appartenenza della persona alla nobiltà, ossia l’appartenenza ad una famiglia che aveva ottenuto un titolo nobiliare per speciali benemerenze riconosciute mediante un atto sovrano. Quindi, in modo analogo al cognome, l’ordinamento tutelava l’uso esclusivo del titolo da parte di coloro che appartenevano a quella determinata famiglia nobile: essi avevano il connesso diritto soggettivo di impedire, mediante azione giudiziaria civile, che altri, non appartenenti a quella famiglia, lo usurpassero, ossia abusivamente lo portassero; ciò con l’aggiunta che l’abuso era represso penalmente (sul punto ed in tal senso: MESSINEO, Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 1947, p. 391). Inoltre, il diritto al titolo nobiliare poteva essere oggetto di un’azione giudiziaria civile di accertamento, ovvero di un procedimento di natura amministrativa da svolgersi presso la Consulta Araldica, al fine di stabilire la sua legittima spettanza.
Tutto è mutato in seguito all’entrata in vigore della Costituzione repubblicana. Il primo comma della XIV disposizione transitoria della Costituzione recita: “i titoli nobiliari non sono riconosciuti”. Tale norma contiene un precetto di portata negativa e cioè il “non riconoscimento” dei titoli nobiliari. Da tale “non riconoscimento” derivano alcune importanti conseguenze.
Innanzitutto è da dire che disconoscimento non significa abolizione o soppressione dei titoli nobiliari. Pertanto, come ha giustamente ritenuto la Corte di Cassazione (Cass. Civ. 16 luglio 1951, in Giur. It., 1952, II, p. 51), la Costituzione non pone alcun divieto all’uso pubblico o privato dei titoli nobiliari da parte di chi ne sia investito; il “non riconoscimento” vale come divieto solo nei confronti dei pubblici ufficiali, i quali hanno il dovere di omettere ogni indicazione del titolo nobiliare negli atti da essi formati.
Inoltre, nessun soggetto – sebbene legittimamente investito di un titolo nobiliare – potrà esigere (non solo negli atti pubblici ma anche in quelli privati, nelle pubblicazioni e nella vita di relazione) di vedersi attribuito il titolo nobiliare a lui spettante. Infatti, in virtù del disconoscimento: “i titoli nobiliari non rientrano (più) nell’oggetto del diritto all’identità personale inteso come diritto di ciascun individuo ad essere riconosciuto nella realtà, a lui peculiare, di attributi, qualità caratteri, azioni, che o contraddistinguono rispetto ad ogni altro individuo” (Cass. Civ., 13 luglio 1971, n. 2242, in Dir. Fam., 1973, p. 939).
Ancora, come scritto dalla Corte Costituzionale nella fondamentale sentenza del 1967 (Corte Costituz., 8 luglio 1967, n. 101, in Giur. Cost., 1967, p. 1110, e in Riv. Ar., 1967, p. 205), “il divieto di riconoscimento dei titoli nobiliari (…) comporta che i titoli nobiliari non costituiscono contenuto di un diritto e, più ampiamente, non conservano alcuna rilevanza: in una parola, essi restano fuori del mondo giuridico. Da questa premessa inevitabilmente discende che l’ordinamento non può contenere norme che impongano ai pubblici poteri di dirimere controversie intorno a pretese alle quali la Costituzione disconosce ogni carattere di giuridicità. (…) Tale irrilevanza giuridica del titoli nobiliari impedisce, dunque, che essi possano essere giudizialmente accertati”. In altre parole, la Costituzione ha posto “fuori” dall’ordinamento giuridico italiano i titoli nobiliari: il loro uso è indifferente di fronte allo Stato, il quale, non riconoscendoli, non accorda ad essi la sua protezione. Conseguentemente, sotto l’impero dell’attuale Costituzione nessun organo statale — sia amministrativo, sia giudiziario — potrà ulteriormente attribuire ufficialmente titoli nobiliari, nè gli aventi diritto avranno la facoltà di esperire un’azione giudiziaria diretta, in via principale, ad ottenere una sentenza “accertativa” della spettanza di un titolo nobiliare.
Con riferimento al diritto allo stemma, è stato rilevato (CANSACCHI, Lo stemma araldico come marchio di fabbrica, in Riv. Ar., 1962, p. 92) che “la norma (costituzionale) che disconosce i titoli nobiliari comprende necessariamente tutti gli «attributi nobiliari» e quindi anche gli stemmi”. Infatti, “non potrebbe logicamente ipotizzarsi un disconoscimento dei titoli nobiliari ed un riconoscimento, tuttora mantenuto, degli stemmi nobiliari che di tali titoli e della distinzione nobiliare della famiglia costituiscono la rappresentazione emblematica”.
Tale interpretazione appare confermata dall’abolizione della Regia Prerogativa nobiliare nell’attuale ordinamento giuridico repubblicano: non essendovi più un organo amministrativo dello Stato competente a concedere e riconoscere titoli nobiliari, “non può ammettersi che un organo siffatto sussista ancora per concedere o riconoscere gli stemmi i quali, anche quando non sono «nobiliari», vengono fatti rientrare – per pacifico e consolidato convincimento della dottrina araldica — nel campo degli attributi nobiliari” (CANSACCHI, Lo stemma .. cit., p. 92). Pertanto, come per i titoli nobiliari, in virtù dell’entrata in vigore della Costituzione, nessun organo statale, amministrativo o giudiziario, potrà attribuire ufficialmente uno stemma come elemento identificativo della persona o del casato, né gli aventi diritto avranno la facoltà di esperire un’azione giudiziaria diretta, in via principale, ad ottenere una sentenza accertativa della spettanza di uno stemma.
Se è certamente da condividere la teoria per la quale, non essendovi più un organo amministrativo dello Stato competente a concedere e riconoscere titoli nobiliari, non è ammissibile che un tale organo sussista ancora per concedere o riconoscere gli stemmi, è tuttavia da mettere in rilievo che lo stemma può essere considerato come un segno distintivo della personalità. Anzi esso può essere definito come il principale segno figurativo della persona diretto ad individuare la persona medesima fornendo di essa un emblema visivo: un emblema che fornisce un elemento idoneo a costituire un abituale mezzo di riferimento e richiamo della persona stessa (si veda: DE CUPIS, I diritti della personalità, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, Giuffrè, 1982, p. 579).
Lo stemma, infatti, si affianca al cognome nella funzione identificativa della persona e nel caso di omonimia contribuisce a precisare l’appartenenza di quella medesima persona ad una determinata famiglia. Lo stemma, l’emblema, come individua una nazione, una regione, un comune, un gruppo politico, individua la persona; senza contare che “le conseguenze di un disconoscimento della protezione giuridica dello stemma sarebbero, infatti, dal punto di vista della tutela della personalità, assai gravi: basti pensare che si verrebbe automaticamente a riconoscere il diritto a chiunque di servirsi di stemmi illustri e noti a scopi pubblicitari, quali emblemi di ditte commerciali, fogli propagandistici ecc.” (MISTRUZZI DI FRISINGA, Trattato di Diritto Nobiliare Italiano, Giuffrè, Milano, 1961, p. 79). Lo stemma pertanto deve ritenersi distaccato dalla categoria dei diritti onorifici e classificato, viceversa, come un aspetto del diritto al nome o del diritto all’identità personale. Svestito del suo contenuto nobiliare, il diritto allo stemma non contrasta con la Costituzione e deve, quindi, ritenersi conservato con la conseguenza della sua tutelabilità giudiziale (MISTRUZZI DI FRISINGA, Trattato … cit., pp. 75 e segg.); ciò con esclusione, tuttavia, della tutelabilità delle corone, degli elmi e degli altri ornamenti dello stemma collegati a distinzioni nobiliari.
Esclusa la protezione penale, la tutela giuridica del diritto allo stemma può attuarsi sul piano civilistico, nelle stesse forme della tutela del diritto al nome e degli altri diritti della personalità. Sotto tale profilo, è stato correttamente sostenuto (PEZZANA, Il diritto allo stemma e la IVX disposizione finale della Costituzione, in Riv. Ar., 1959, pp. 320 e segg.) che la ratio della IVX disposizione fu quella da un lato di privare di riconoscimento giuridico i titoli e le qualifiche nobiliari, in quanto ritenuti in contrasto con il principio della “pari dignità sociale” dei cittadini, dall’altro di conservare il patrimonio araldico sotto il profilo della protezione dei diritti della personalità. Sotto tale profilo, se il costituente conservò come diritto della personalità il diritto al predicato nobiliare, non si può sostenere che il medesimo costituente abbia inteso sopprimere il diritto allo stemma, che alla personalità, nel suo aspetto familiare ed individuale, si riconnette in modo ancora maggiore. In altre parole, la XIV disposizione, in quanto diretta esclusivamente contro i titoli nobiliari (lo stesso diritto al predicato non viene travolto), non incide in alcun modo sul diritto allo stemma, ciò anche sul rilievo che “il diritto allo stemma, né dal punto di vista storico né da quello del nostro ordinamento giuridico è necessariamente connesso al diritto ad un titolo nobiliare: infatti, se tutti gli investiti di un titolo hanno diritto allo stemma, quest’ultimo può spettare anche a soggetti sforniti di titoli nobiliari”.
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In tale quadro normativo si inserisce l’attività svolta dall’Accademia Araldica Nobiliare Italiana di tenuta del Registro della Nobiltà Italiana e del Registro degli Stemmi Gentilizi.
Posto che, come scritto in precedenza, sotto l’impero dell’attuale Costituzione nessun organo statale — sia amministrativo, sia giudiziario — potrà ulteriormente attribuire ufficialmente titoli nobiliari, né gli aventi diritto avranno la facoltà di esperire un’azione giudiziaria diretta, in via principale, ad ottenere una sentenza “accertativa” della spettanza di un titolo nobiliare, pare opportuna la creazione di un Registro della Nobiltà Italiana, con il compito di censire le famiglie nobili italiane comprendendovi non solo quelle famiglie che durante il cessato ordinamento monarchico curarono di farsi riconoscere ufficialmente i titoli nobiliari loro spettanti ma anche quelle che, pur legittimamente investite di titoli nobiliari, non si premurarono di ottenere una ricognizione della loro posizione nobiliare, né in via amministrativa, né in via giudiziaria.
Si è scritto inoltre che, come per i titoli nobiliari, in virtù dell’entrata in vigore della Costituzione, nessun organo statale, amministrativo o giudiziario, potrà attribuire ufficialmente uno stemma come elemento identificativo della persona o del casato, né gli aventi diritto avranno la facoltà di esperire un’azione giudiziaria diretta, in via principale, ad ottenere una sentenza accertativa della spettanza di uno stemma. Dunque pare utile aver istituito anche un Registro degli Stemmi Gentilizi, in modo da dare vita ad un repertorio generale degli stemmi delle famiglie italiane: invero, già durante la monarchia si pensò di creare un Blasonario generale italiano, ma il Decreto 8 luglio 1904 n. 405 con il quale il Re Vittorio Emanuele III ordinò la raccolta degli stemmi delle famiglie italiane, con riproduzione a colori, non ebbe pratica attuazione ed il Blasonario rimase allo stato di progetto. Inoltre, dato che lo stemma è ancora oggi il principale segno distintivo della persona, l’inserimento dello stemma familiare (sia appartenente a famiglie nobili, sia appartenente a famiglie non nobili) in tale Registro può, in caso di uso indebito da parte di terzi estranei alla famiglia titolare dello stemma, costituire la prova della spettanza di quest’ultimo in capo al soggetto (ed ai suoi familiari) che ha effettuato la registrazione.